Nel panorama IT odierno, sempre più aziende abbracciano ambienti ibridi — una combinazione di cloud pubblici, privati e infrastrutture on‑premises. Gartner prevede che entro il 2026 il 75 % delle organizzazioni adotterà strategie ibride, ma solo il 23 % dichiara visibilità completa su questi ambienti. Questa situazione genera silos operativi e difensivi, con team (Sicurezza, DevOps, Infrastruttura, Compliance) e tool differenti che operano in compartimenti stagni. Il risultato? Policy incoerenti, allarmi ridondanti, tempi di risposta lenti e vulnerabilità sfruttabili dagli attaccanti.
Dall’illusione della “perimetralità” alla realtà distribuita
- Attacchi sofisticati (phishing + movimento laterale + esfiltrazione dati) sfruttano la frammentazione tra cloud e network.
- Credenziali compromesse possono mettere a rischio sia ambienti on‑prem che cloud, restando inosservate per una media di 292 giorni.
- La sicurezza statica e segmentata è obsoleta: occorre una visione end‑to‑end e integrata.
Visibilità unificata: il single pane of glass che amplifica la difesa
Una piattaforma centralizzata consente di:
- Monitorare in tempo reale cloud ibrido e data center;
- Normalizzare e correlare eventi cross‑domain per identificare percorsi di attacco end‑to‑end;
- Semplificare policy, alert ed investigative workflow.
Le soluzioni AI‑driven, come la Darktrace ActiveAI Security Platform, abilitano:
- Cloud Asset Enumeration e Dynamic Architecture Modeling, che generano un diagramma in continua evoluzione dell’infrastruttura;
- Score automatici di attività sospette, basati su analisi behavioral;
- Continual awareness: nessun asset o modifica sfugge al monitoraggio.
Caso reale: supply chain attack con RAT Sectop
Un esempio pratico documentato da Darktrace: il malware Sectop RAT (Sectop Remote Access Trojan) ha iniziato un’infezione via drive‑by download da browser compromesso. Il colpevole? Un terminale in rete, con attività beaconing verso endpoint sospetti. Grazie a visibilità e intelligence cross‑domain, Darktrace ha correlato:
- attività anomala interna
- comunicazione verso cloud
- possibile esfiltrazione dati.
Il tempo di risposta è stato drasticamente ridotto: da mesi a minuti.
Architettura consigliata: integrazione e automazione
Raccomandazioni best‑practice:
- Consolidare sotto un’unica piattaforma strumenti on‑prem e cloud;
- Abilitare la micro-segmentazione, in particolare per asset critici e IoT/OT;
- Integrare policy automatizzate, intelligence e workflow incident response;
- Evolvere verso modelli a Zero‑Trust e SASE, per garantire contesto, verifica continua e sicurezza adattiva.
Perché l’AI cambia le regole del gioco
- L’AI è indispensabile per gestire massive velocità e volume dati su infrastrutture ibride.
- Analisi comportamentale e correlazione automatica consentono di identificare pattern di attacco invisibili all’occhio umano.
- Piattaforme auto-apprendenti abbattono silos e colmano gap tra domini IT diversi, semplificando e velocizzando reazione e remediation.
In sintesi
Sfida | Soluzione proposta | Benefici |
Silos tra team IT | Visibilità unificata su tutto il dominio | Alert corretti, diagnosi efficace |
Complessità ibrida | Piattaforma AI‑driven | Automatizzazione e visibilità continua |
Attacchi cross‑domain | Correlazione comportamentale end‑to‑end | Riduzione TTD/TTR |
Conclusione
Per difendersi nel mondo ibrido, non basta rafforzare singoli compartimenti. Serve un’architettura di sicurezza integrata e automatizzata, supportata dall’intelligenza artificiale. Solo così si rompe la frammentazione operativa e si chiude il cerchio tra visibilità, analisi, risposta e resilienza.
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